GLI AVVOCATI E LA LORO PROFESSIONE


GLI AVVOCATI E LA LORO PROFESSIONE

Un incontro per promuovere la conoscenza degli studenti sulla conformazione del sistema costituzionale attraverso incontri relativi al tema della legalità.

 

Il 12 novembre scorso si è tenuto presso il dipartimento Economico-Giuridico dell’istituto IISS Gadda di Fornovo, il meeting con gli avvocati della Camera Penale di Parma. L’incontro è stato un evento di vero arricchimento culturale e personale, che ha permesso agli studenti di confrontarsi con una realtà lavorativa molto complessa e vasta.

A partecipare sono state le classi quarta e quinta dell’indirizzo Amministrazione Finanza e Marketing. L’incontro si è concentrato su 3 punti principali, ciascuno dei quali è stato presentato e spiegato da un avvocato diverso: la loro professione è stata illustrata da Sergio Andrea Ghiretti, gli esempi di processi e il loro svolgimento a cura dell’Avv. Paolo Moretti e infine la situazione delle carceri italiane presentata dal Responsabile della Commissione sull’osservazione delle carceri, Stefano Molinari.

Siamo avvocati di diritto penale e il nostro compito è quello di assistere le parti private” ecco come ha introdotto l’Avv. Ghiretti l’incontro, sottolineando l’importanza e il diritto delle persone ad essere difese fino alla pronuncia della sentenza definitiva che dichiara una persona colpevole.

Successivamente è stato illustrato attraverso dei filmati e grazie alla spiegazione dell’Avv. Moretti, il rapporto tra processo e Stampa: il primo in Italia è molto lungo e a volte servono anni per concluderlo, ma alla stampa le notizie sul vero colpevole e il reato commesso servono subito. Inoltre ha evidenziato il grande numero di persone che sono in carcere in attesa di sentenza (procedimento cautelare), dicendo che “è stato rilevato che circa il 25% delle persone accusate, ovvero gli imputati, viene poi giudicato in primo grado innocente”.

La pena sostengono gli avvocati deve avere una funzione rieducativa, ma in Italia si sta ottenendo il risultato contrario, ovvero vi è un elevato tasso di recidiva e di conseguenza chi ha commesso un reato ed è stato in carcere, dopo aver scontato la pena ne commette un altro.

Le situazioni delle carceri italiane sono state analizzate dall’Avv. Molinari, il quale ha introdotto l’argomento dicendo “La scarsa capienza delle nostre carceri è ormai un dato di fatto, così come le difficili condizioni di vita al suo interno”. Grazie alla visione di un filmato contenente immagini e tutti i dati statistici per quanto riguarda il sovraffollamento, è stato compreso il problema attuale, descritto anche in modo dettagliato nell’articolo di Roberto Saviano riguardante il carcere di Poggioreale. In questo afferma: “Sono oltre 54mila i detenuti nei 205 istituti italiani. Tra il 2000 e il 2013 i morti in carcere sono stati 2.239, tra questi 801 i suicidi e non solo di detenuti ma anche cento agenti della polizia penitenziaria e un direttore. Nelle condizioni in cui versano le carceri italiane, lavorarci è tortura quasi quanto esservi recluso. Perdi umanità, perdi sonno, perdi aria. Perdi tutto.”

“Eppure, sia per questo motivo che per l’assenza di inserimento sociale e lavorativo degli ex detenuti, basterebbe guardare un po’ più a nord per trovare esempi da seguire. Come alle carceri norvegesi”, afferma l’Avvocato.

In Norvegia infatti la situazione è completamente capovolta: il tasso di recidiva è il più basso in Europa, inoltre, i detenuti sono incentivati a portare avanti attività socialmente utili all’interno di strutture che, se paragonate alle nostre, somigliano più a villaggi vacanze che a celle carcerarie. Se si prende il carcere di Bastoy, situato presso un’isola al largo della costa norvegese e lo si confronta con Poggioreale descritto da Saviano, la differenza è enorme. Le giornate dei detenuti nordici prevedono un consueto orario di lavoro (regolarmente retribuito), al termine del quale possono dedicarsi alle attività che più preferiscono. Infine, “bisogna ricordare che il sistema penale norvegese non prevede l’ergastolo. La massima pena a cui può “aspirare” un criminale è pari a 21 anni”.

Alla base è presente anche una questione culturale, in quanto in Norvegia il pregiudicato viene visto come una risorsa, umana ed economica, da recuperare. L’individuo viene spinto verso un reinserimento sociale, in modo tale da poter essere utile alla comunità, una volta uscito di galera. Al contrario, il sentimento di inadeguatezza, di inettitudine e inutilità non fa altro che affliggere il carcerato e ad aumentare il tasso di recidiva.

L’Italia ha certamente problemi diversi dalla Norvegia, a causa del radicamento capillare della criminalità organizzata, ma è anche vero che non esistono soltanto mafiosi e corrotti o delinquenti coinvolti in quel sistema, perché è stato rilevato che sono solo una minima percentuale del carcere. Ecco perché non si tratta soltanto di una questione giudiziaria, ma anche culturale.

L’incontro si è concluso con domande fatte dagli alunni, alle quali gli avvocati si sono resi disponibili a rispondere e commentare a loro volta.

Una di queste era se il loro è un bel mestiere, e con tutto orgoglio hanno risposto di si, e a chi non volesse farlo è meglio che ci ripensi, perché come tutti i pazienti hanno il diritto di essere curati e i medici hanno il dovere di curarli, anche i colpevoli hanno il diritto di essere difesi, così come gli avvocati hanno il dovere di difenderli.